La Patrona


SANTA DOMENICA V. e M. 


Santa Domenica nacque a Tropea verso la fine del 3° sec. d.C. da Doroteo e Arsenia, nobili cristiani di origine greca. Dopo parecchi anni di matrimonio non avevano avuto prole e la supplicavano dal Signore con preghiere, digiuni, elemosine… e in breve tempo la loro vita venne allietata dalla nascita di una bella bambina che, siccome nata di domenica e soprattutto perché donata in modo eccezionale da Dio venne chiamata Domenica, cioè “Consacrata al Signore”.
Domenica crebbe in grazia e santità e in breve tempo offrì tutta sé stessa a Gesù.
In quel periodo culminava una delle più terribili persecuzioni pagane contro i cristiani, quella ordinata da Diocleziano Augusto e Domenica con i suoi genitori vennero denunciati come cristiani al Proconsole di Calabria, Ilariano, che li condusse dinnanzi all’imperatore per essere giudicati. Questi dapprima rimasto colpito dalla singolare bellezza di Domenica si mostra con dolcezza consigliandola ad abiurare la fede per l’ idolatria, ma ottenendone un netto rifiuto, ordina che i tre vengano flagellati per le vie della città e che i suoi genitori vengano deportati in Mesopotamia per essere decapitati.
Ma tutto fu inutile, Domenica continuava con più forza a professare la sua fede.
Diocleziano, ben presto, dovette andare in oriente per risolvere alcuni problemi relativi all’impero e cedette l’occidente al Cesare Massimiano.
Questi provò a incuterle spavento, ma la nostra Eroina, con poche parole suggerite dallo Spirito Santo, confuse e ammutolì l’imperatore che sentendosi deriso chiamò una donna d’ infame mestiere e le chiese, con larghe promesse di doni, di corrompere in Domenica l’innocenza verginale e portarla all’apostasia. La detestabile donna, avendo un certo debole per l’imperatore, accettò subito, ma rendendosi conto che tutti i tentativi di corrompere Domenica si rivelarono inutili, la riportò da Massimiano. Questi non sapendo più cosa farne, la ricondusse da Ilariano, che la sottopose ai più crudeli tormenti: fu condannata al rogo ma il Signore la guarì miracolosamente dalle piaghe; venne condotta al tempio di Giove per adorare gli dei, ma con molta indifferenza Domenica tracciò un segno di croce scatenando una terribile scossa che ridusse tutto in frantumi e uccidendo anche il Proconsole Ilariano. Si tentò un’ ultima prova: venne condannata al supplizio “AD LEONES”, ma le belve le si accovacciarono ai piedi leccandoglieli. Vista la vittoria sui tanti tormenti e il popolo che si convertiva sempre più alla fede cristiana, venne infine condannata alla decapitazione. Era il 6 Luglio 303.
Domenica venne condotta fuori le mura di Nola e dopo aver ringraziato il Signore per averla resa degna di patire per Lui e implorando il perdono per i suoi persecutori, porse il capo al carnefice che d’ un sol colpo lo recise coronandolo di glorioso martirio.
Gli angeli presero allora umane sembianze, raccolsero il corpo della Martire e lo trasportarono miracolosamente a Tropea, sua patria, dove ancora oggi riposa circondato da grandissima venerazione.

IL CULTO DI SANTA DOMENICA A MANDANICI
(A cura di Alessandro Caminiti)

L’avvento dei monaci basiliani nella abbazia di S. Maria Annunciata ha sicuramente significato la restaurazione delle pratiche del culto cristiano, affievolite durante il dominio arabo. Fu senza alcun dubbio una nuova era per l’intera vallata di Mandanici. I monaci introdussero nei secoli successivi, tra le tante innovazioni, la coltivazione degli ulivi e la sericoltura mediante l’allevamento del baco da seta, attività che resero Mandanici famosa in gran parte della Sicilia nord-orientale, reputazione ancor oggi conservata per le peculiari qualità dell’olio d’oliva, in particolare. Ed è proprio ad opera dei monaci greci dell’ordine di S. Basilio che con molta probabilità Santa Domenica viene eletta Patrona dell’antico borgo di Mandanici. Il culto alla Martire di Tropea, infatti, benché diffuso in Occidente prevalentemente in Calabria e nella Sicilia nord-orientale, è molto diffuso nella Chiesa Orientale, dove Santa Domenica viene venerata sotto il nome greco “Kyriaki”, contribuendo a ciò il martirio subito da Doroteo e Arsenia, genitori di Lei, in Armenia dove secondo la tradizione furono deportati. Non escludendo del tutto la possibilità che nella terra di Mandanici prima dell’avvento dei Normanni un culto bizantino fosse rivolto Santa Domenica, anzi per essere più corretti a Santa “Kyriaki”, fu decisivo per la diffusione della venerazione alla Martire il monachesimo basiliano che, come dicevamo, proprio a Mandanici dal 1100 ebbe una delle sue più importanti sedi del litorale ionico della Sicilia nord-orientale con l’abbazia di S. Maria Annunciata. E’ il secolo XII, dunque, l’epoca in cui S. Domenica diventa Patrona di Mandanici con la costruzione di un tempio a Lei dedicato. Nel 1737, sentendo il bisogno di rendere più viva la venerazione dei fedeli verso la loro Patrona, don Sebastiano Miceli, arciprete di Mandanici, ottiene da “Ianuarius Guglielmino” Vescovo di Tropea un “reliquiario d’argento” contenente “un pezzetto di colonna alla quale fu flagellata e martirizzata” S. Domenica. Il sacro cimelio è ancor oggi custodito nel Duomo e venerato con fede dai mandanicesi nei giorni della festa della Patrona. Circa le tradizioni sacre legate al culto della Protettrice possiamo fare menzione di una antica usanza praticata anche a Realmonte in onore della martire Lucia. Sembra infatti che per ricordare l’atroce martirio che subì la nostra Santa, un tempo si usava accendere un fuoco nella piazza della Matrice la sera del 5 luglio, vigilia della festa: si voleva richiamare molto probabilmente la “Carcara”, fornace nella quale Domenica venne gettata uscendone illesa o il "Rogo" al quale venne appesa per i capelli. Nei forti temporali che duravano giorni e giorni senza tregua, veniva posto il simulacro di S. Domenica sulla “vara” e solennemente esposto sul sagrato della chiesa Madre: la furia della pioggia cessava.
Attualmente S. Domenica viene venerata dai mandanicesi con una solenne celebrazione liturgica, preceduta da preghiere e novene, il 6 luglio, giorno della sua nascita al cielo, rimandando la processione e i festeggiamenti esterni alla prima domenica di agosto per permettere ai numerosi paesani emigrati che tornano al paese di parteciparvi.

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